Fitodepurazione e Sistemi di fitodepurazione

TERZA PARTE.

Di Fabrizio Malaspina

Principi di fitodepurazione in sistemi a macrofite a flusso superficiale

Sistemi a macrofite emergenti

Rispetto ai trattamenti a flusso subsuperficiale, in questo caso, lo spessore del medium assume minore rilevanza; per la rimozione della sostanza organica e dei nutrienti e l'affinamento degli effluenti secondari è invece particolarmente importante il battente idrico, che va limitato comunque a poche decine di centimetri.

I meccanismi di rimozione dei contaminanti sono infatti di tipo fisico (sedimentazione nella colonna d’acqua, filtrazione e adsorbimento sugli steli e sulle foglie), chimico (precipitazione nella colonna d’acqua, adsorbimento sul medium e radiazione ultravioletta) e biologico (metabolismo batterico e delle idrofite, assorbimento diretto delle piante e scomparsa naturale).

Aspetti progettuali e realizzativi

Il dimensionamento spesso si basa su criteri empirici, tuttavia è possibile una progettazione di tipo razionale, che considera il sistema depurativo come un reattore con flusso a pistone (cioè con dispersione solo trasversale alla direzione del moto) in cui si realizza una reazione biologica del primo ordine.

La cinetica di degradazione della sostanza organica può essere rappresentata dalla seguente espressione:

dove:

F rappresenta la frazione del BOD che non sedimenta nelle parti iniziali del sistema;

AV rappresenta superficie specifica per la popolazione epifitica (m2 . m-3);

KT rappresenta costante della cinetica del primo ordine alla temperatura T (d-1);

t rappresenta tempo di ritenzione idraulica effettivo (d).

Il coefficiente F tiene conto del fatto che parte del BOD (soprattutto quello sedimentabile) viene rimosso nelle parti iniziali del sistema depurativo attraverso meccanismi che esulano dalla rimozione microbiologica (valori tipici 0,52 per effluenti primari, 0,75 per effluenti di stagni biologici e 0,80 per effluenti secondari o terziari). Il parametro AV rappresenta invece la superficie specifica disponibile per l'adesione della pellicola biologica epifitica ed è una grandezza di difficile determinazione (valore medio pari a 15-16 m2 . m-3). La variabilità del parametro AV non determina comunque grosse variazioni del rapporto tra la concentrazione della sostanza organica in uscita rispetto a quella in ingresso.

Analogamente ai casi precedenti, per l’area superficiale As si usa l'espressione a lato, con valori per K20 di 0,0057 d-1 e valori per q di 0,06. Il coefficiente n (indice del vuoto) assume valori medi di 0,75 e l’altezza dell’acqua (d) varia da 0,1 a 0,5 m. Minori sono i livelli idrici e maggiori sono le capacità di aerazione superficiale.

I sistemi a flusso superficiale sono soggetti comunque a carichi inferiori a quelli a flusso subsuperficiale dal momento che garantiscono una minore superficie specifica per la crescita batterica. Una regola del tutto generale che è bene prendere in considerazione è di realizzare diverse unità in parallelo (almeno due) per aumentare la flessibilità operativa. Gli aspetti realizzativi sono gli stessi che si adottano nella realizzazione degli stagni biologici.

Prestazioni tipiche

Rimozione dei solidi sospesi. È ottima, spesso supera il 75% e consente concentrazioni negli effluenti inferiori ai 20 mg.l-1 di SST.

Rimozione della sostanza organica. Operando su effluenti secondari o in parte trattati caratterizzati da concentrazioni di BOD5 inferiori ai 60 mg.l-1, si ottengono concentrazioni effluenti inferiori a 20 mg.l-1 di BOD5.

Rimozione dell'azoto. Il principale meccanismo di rimozione dell'azoto è il processo biologico di nitrificazione-denitrificazione. La rimozione dell'azoto è considerevole, con rendimenti di rimozione spesso superiori 30-40%. La velocità di nitrificazione su base superficiale (relativamente ad azoto ammoniacale ed organico) è piuttosto ridotta. Si può aumentare il rendimento di rimozione dell'azoto solo alimentando il sistema con un effluente totalmente o parzialmente nitrificato.

Rimozione del fosforo. La rimozione del fosforo è buona dato che tali sistemi vengono dimensionati proprio per il trattamento terziario di effluenti secondari con concentrazioni negli effluenti finali inferiori ai 1 mg.l-1 di fosforo.

Aspetti gestionali

Il controllo del livello idrico nel letto ha la funzione di adattare il funzionamento dell'impianto alle condizioni climatiche (periodi troppo piovosi o secchi) mentre le uniche forme di manutenzione della vegetazione riguardano il ripristino delle condizioni idrauliche che possono peggiorare a causa dell'eccessivo accumulo di lettiera e sedimenti sul fondo del bacino. È necessario un adeguato controllo della proliferazione di insetti con il mantenimento di condizioni aerobiche nel bacino ed il ricorso a predatori naturali che possono essere allevati o attirati nell'area (è il caso di molte tipologie di volatili).

Sistemi a macrofite sommerse

Sono sistemi poco diffusi. L'utilizzo di idrofite sommerse è ancora in fase di studio. Si tratta comunque di un trattamento destinato all'affinamento degli effluenti poiché tali piante vivono solo in acque ben ossigenate e quindi in presenza di carichi organici limitati.

Sistemi a macrofite galleggianti

Hanno luogo in bacini privi di un idoneo substrato di crescita delle idrofite, in cui viene mantenuto un battente idrico compreso tra poche decine di centimetri e qualche metro (a seconda delle tipologie di pianta e del tipo di trattamento richiesto).

Le idrofite principalmente utilizzate sono i giacinti d'acqua e le lemnacee.

Utilizzo di giacinti d'acqua

I giacinti d'acqua sono idrofite galleggianti dotate di apparato radicale utili per la rimozione della sostanza organica e dei nutrienti e l'affinamento degli effluenti secondari. Sono idrofite molto produttive ed in diverse aree tropicali sono vere e proprie piante infestanti e intervengono direttamente nei processi depurativi. Permettono lo sviluppo di una ricca e attiva popolazione epifitica (che può operare in condizioni aerobiche in conseguenza del rilascio di ossigeno nella rizosfera delle piante); svolgono una significativa filtrazione del liquame attraverso la propria biomassa radicale, garantendo elevate velocità di assimilazione dei nutrienti (conseguenza dell'elevata velocità di crescita, anche se il meccanismo prevalente di rimozione dell'azoto è comunque la nitrificazione-denitrificazione biologica) ed effettuando una schermatura della superficie che favorisce la scomparsa delle alghe o comunque ne limita la crescita.

Gli aspetti negativi sono la proliferazione di insetti, la difficoltà di raccolta e smaltimento delle piante e la scarsissima resistenza a temperature atmosferiche inferiori ai 10°C. Di conseguenza l’impiego dei giacinti d'acqua non è consigliabile alle nostre latitudini se non in particolari situazioni e per particolari tipi di scarichi stagionali estivi.

Utilizzo di lemnacee

Le lemnacee sono idrofite galleggianti dotate di apparato radicale modesto e quindi non possono costituire sede di sviluppo di una popolazione epifitica attiva. La maggior parte dei processi depurativi vengono allora condotti dalla biomassa sospesa nella colonna d'acqua o presente nei sedimenti come negli stagni biologici convenzionali. Le lemnacee formano un denso tappeto superficiale che limita la penetrazione della luce e l'aerazione per diffusione diretta, minimizza gli effetti del vento sull'acqua e riduce i fenomeni evaporativi.

Le lemnacee possono essere utilizzate per il trattamento secondario e terziario.

Trattamento secondario. È ottenuto in stagni profondi dai 2 ai 5 m per azione di popolazioni batteriche anaerobiche e aerobiche. La densa copertura di lemnacee riduce i fenomeni di trasporto dell'ossigeno atmosferico nel liquame e determina lo stabilirsi di condizioni sostanzialmente anaerobiche nella colonna d'acqua. Fa eccezione un piccolo strato dello spessore di una decina di centimetri che risulta aerobico per via del trasferimento di ossigeno dalle piccole radici. Tale strato, oltre a favorire l'attività dei microrganismi aerobi, determina l'ossidazione dei prodotti di reazione ridotti della fermentazione anaerobica della sostanza organica, eliminando la diffusione di cattivi odori. La copertura superficiale impedisce inoltre la deposizione e lo sviluppo delle larve di insetti sulla superficie idrica. Le lemnacee controllano perciò gli odori e gli insetti (oltre alla produzione algale) che si avrebbe in uno stagno biologico convenzionale. I rendimenti di rimozione tipici della sostanza organica sono dell’ordine del 60-80%.

Trattamento terziario per il controllo della produzione algale. È ottenuto in stagni profondi due o tre metri alimentati con l'effluente di uno stagno facoltativo, dove le alghe muoiono e sedimentano. Non sempre è possibile una precisa definizione dei tempi di scomparsa algale e ciò rende problematico un accurato dimensionamento di tali sistemi.

Trattamento terziario per la rimozione dell'azoto. È ottenuto in misura significativa solo ricorrendo a sistemi di aerazione supplementare, in modo da favorire la nitrificazione, o agendo su effluenti già sufficientemente nitrificati in stagni profondi non oltre i 2 m, alimentati con un effluente secondario. La nitrificazione avviene nelle zone aerate artificialmente, mentre la denitrificazione si sviluppa nelle zone anossiche della colonna d'acqua e dei sedimenti. Può essere necessario provvedere alla raccolta delle lemnacee anche con frequenza settimanale. D'altro canto la sostanza organica ottenuta per degradazione batterica delle lemnacee morte nei sedimenti può costituire fonte di carbonio per favorire la denitrificazione.

In questi stagni servono elevati rapporti lunghezza/larghezza (superiori a 10), per minimizzare gli effetti di cortocircuitazioni. È necessario prevedere la post-aerazione dell'effluente prima dello scarico nel corpo idrico ricettore. Si osserva la diminuzione della produttività da ottobre a novembre e lungo l'impianto (dalla zona di afflusso a quella di deflusso) dovuta alla diminuzione della temperatura, nel primo caso, e alla diminuzione dei nutrienti negli strati superficiali dello stagno, nel secondo. La rimozione dei solidi sospesi e della sostanza organica è accettabile. La rimozione dell'azoto è insufficiente se il refluo non ha subito alcun tipo di aerazione ed esistono quindi limitazioni alla nitrificazione. L’utilizzo diffuso di lemnacee sembra difficile nel nord nostro paese a causa dell'arresto della loro crescita nel periodo invernale.

Principi di fitodepurazione in sistemi combinati o multistadio

Il ricorso a sistemi di fitodepurazione combinati si rende opportuno se è richiesto un trattamento spinto dei reflui. L'uso di sistemi multistadio consente infatti una miglior specializzazione delle diverse fasi di trattamento, con un'accelerazione dei singoli processi di rimozione, perché si può realizzare una successione di habitat e di specie che meglio riflette le condizioni naturali, come ad esempio il passaggio da una zona eutrofica ad una oligotrofica. La più semplice tipologia di sistema integrato è data dall'abbinamento di un sistema a flusso subsuperficiale verticale e di un sistema a flusso subsuperficiale orizzontale in modo da favorire processi di nitrificazione, nel primo, e di denitrificazione, nel secondo. Ciò può essere ottenuto secondo uno schema di predenitrificazione, con ricircolo dell'effluente nitrificato dal sistema a flusso verticale, in questo caso posto a valle. In alternativa può utilizzarsi uno schema di postdenitrificazione in cui un effluente sufficientemente pretrattato (in termini di rimozione della sostanza organica) viene nitrificato in un sistema a flusso verticale e successivamente denitrificato in uno a flusso orizzontale in cui la fonte di carbonio interno può essere costituita dalla sostanza organica presente sotto forma di lettiera o di sostanza organica lentamente biodegradabile. Talune soluzioni prevedono anche la possibilità di integrare trattamenti naturali e trattamenti convenzionali utilizzando un letto percolatore tradizionale o un biofiltro per ottenere la nitrificazione ed integrare tali sistemi con trattamenti di fitodepurazione secondari e di affinamento.

Considerazioni applicative e commenti finali

I sistemi di fitodepurazione sono una alternativa di trattamento delle acque reflue per le piccole comunità di tipo rurale e per scarichi stagionali o fluttuanti (campeggi, alberghi, villaggi turistici, ecc.) che richiedono soluzioni robuste, semplici da gestire e che determinino un rapido avvio dei processi depurativi. Tenuto conto delle condizioni climatiche italiane, l'utilizzo delle idrofite emergenti in sistemi a flusso subsuperficiale appare il più adatto per impianti operanti nell'intero arco dell'anno, mentre nel caso di impianti il cui funzionamento è limitato al periodo primaverile ed estivo possono essere previsti anche sistemi a flusso superficiale o stagni coperti da idrofite galleggianti (a tal riguardo le lemnacee risultano senza dubbio preferibili ai giacinti d'acqua). I costi di costruzione sono molto variabili, ma comunque paragonabili a quelli degli impianti di depurazione di tipo convenzionale. I costi di gestione sono assai contenuti in quanto i consumi energetici possono essere addirittura nulli. Gli impegni di personale possono essere limitati ad una visita di controllo settimanale. La qualità dell'effluente è spesso superiore a quella dei convenzionali impianti a fanghi attivi per quanto la sostanza organica (espressa come COD e come BOD5), solidi sospesi e carica batterica, mentre sono inferiori per la rimozione delle forme azotate e del fosforo. Le prospettive di applicazione appaiono interessanti, soprattutto in contesti specifici caratterizzati da piccoli centri con popolazione dispersa ed ampia disponibilità di superfici. La diffusione in Italia resta tuttavia limitata a sporadici casi, spesso di natura sperimentale.

Bibliografia consultata e consultabile on-line

Atti del Workshop ENEA: "Zone umide costruite per la depurazione delle acque", Bologna, 25 Maggio 1999.

Dispense del Prof. G. Andreottola (Università degli Studi di Trento), disponibili al sito web http://www.ing.unitn.it/~andreott/dispense/capit9.pdf.

Linee guida per i sistemi di depurazione di piccole comunità dell’ARPA - Regione Emilia Romagna.

Newsletter of Specialist Group on the use of Macrophytes in water pollution control, IWA (International Water Association), available on http://www.iwahq.org.uk.

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