La digestione anaerobica

generalita' ed applicazioni

Introduzione

generalità

Diverse lavorazioni industriali, soprattutto nel settore agro-alimentare, e attività agricole, in particolar modo l'allevamento, danno luogo a scarichi liquidi contenenti elevate concentrazioni di composti organici molto inquinanti e che quindi devono essere opportunamente trattati per la salvaguardia dell'ambiente.

Il problema del trattamento delle acque reflue è relativamente recente e risale all'inizio del secolo, infatti in precedenza gli scarichi organici trovavano la loro destinazione finale direttamente nello spandimento nel terreno e nel riversamento nei corsi d'acqua. Tuttavia l'aumento di quantità di questi scarichi in relazione alle superfici a disposizione, ha reso questa vecchia via di smaltimento non più accettabile a causa delle pesanti conseguenze di carattere ambientale

Gli obiettivi principali dei processi di trattamento sono la riduzione, delle forme inquinanti definibili in termini di sostanza organica, di solidi sospesi, di sostanze minerali fitotrofiche (esempio azoto e fosforo) o tossiche (metalli pesanti), nonché di virus e microorganismi patogeni eventualmente presenti (reflui provenienti da allevamenti e da fognature).

I sistemi di trattamento possono essere di diverso tipo: fisico­chimico (concentrazione, essiccazione, ultrafiltrazione, osmosi inversa, etc.) e biologico. Quest'ultimo sistema, nelle sue varie forme, è di gran lunga il più diffuso ed efficace; e spesso i sistemi fisico­chimici sono utilizzati solamente come complemento in un processo di trattamento biologico.

Processi biologici di depurazione

Con riferimento ai soli processi biologici, si può fare una prima distinzione tra processo aerobico e processo anaerobico, nell'ambito dei quali possiamo distinguere numerose varianti relative principalmente alla tecnologia dell'impianto e alla relativa modalità di gestione.

Già dalla fine del secolo scorso alcuni studiosi svilupparono i primi sistemi di depurazione biologica sia di tipo aerobico (soprattutto nel Regno Unito), sia anaerobico (principalmente in Francia). Ma mentre le ricerche sulla depurazione biologica aerobica progredivano con lo studio del processo e dei metodi per renderlo più idoneo alle necessità, lo studio dei fenomeni biologici della biodepurazione anaerobica fu limitato. In seguito a ciò la depurazione aerobica si diffuse con successo in diversi settori, e può contare su un gran numero di tecnici esperti nella costruzione e conduzione degli impianti; al contrario la depurazione anaerobica è stata per lungo tempo confinata a particolari e limitati ruoli secondari (come la stabilizzazione dei fanghi di supero degli impianti aerobici) con un numero ridotto di tecnici in grado di gestire gli impianti. Solamente dalla fine degli anni '70, in seguito agli studi sulle fonti di energie alternative al petrolio, si fecero studi approfonditi sul processo anaerobico che portarono alla nascita dei reattori avanzati che rendono possibile estendere questo tipo di trattamento ad una moltitudine di acque di scarico ed in particolar modo, per le caratteristiche presentate, quelle provenienti dal settore agro­industriale.

Fondamentalmente il processo di depurazione biologica di tipo aerobico consiste in una serie di reazioni biochimiche di tipo ossidativo (con la produzione di anidride carbonica) operate da un rilevante ed eterogeneo gruppo di microorganismi (principalmente batteri), i quali utilizzano la sostanza organica e alcuni altri elementi presenti nelle acque reflue per produrre energia e per sintetizzare sostanze necessarie alla loro vita e moltiplicazione. Dal processo si ottiene un refluo con ridotte quantità di sostanze inquinanti ed una notevole quantità di biomassa sviluppatasi dall'utilizzazione della sostanza organica, la quale viene separata fisicamente dal liquido depurato ed utilizzata in parte per arricchire di microorganismi il refluo fresco (fanghi di riciclo), mentre un'altra parte deve essere smaltita opportunamente onde evitare di divenire essa stessa una sostanza inquinante (fanghi di supero). Tecnicamente, in modo molto semplificato, tale processo di depurazione avviene in una o più contenitori aperti (vasche o torri impaccate) dotate di dispositivi atti a consentire una ottimale aereazione del liquame al fine di promuovere l'attività dei microorganismi aerobici. L'impianto poi è dotato di altri dispositivi necessari per un pretrattamento ed un post-trattamento del liquame (esempio sedimentatori), nonché di eventuali strutture per un trattamento più spinto e/o mirato alla rimozione di particolari sostanze (per esempio per la rimozione di azoto e fosforo).

In sintesi il processo di depurazione biologico di tipo anaerobico è costituito da una serie di reazioni biochimiche (fermentazioni e respirazioni anaerobiche) operate da un folto ed eterogeneo gruppo di microorganismi, anaerobici stretti o facoltativi, in assenza di ossigeno (aria); dalle quali si ha la demolizione della sostanza organica in sostanze gassose semplici quali principalmente metano ed anidride carbonica, ed energia utilizzata dai batteri per vivere e moltiplicarsi. Dal punto di vista tecnico, in modo molto semplificato, l'impianto è basato su un contenitore chiuso a tenuta ermetica ed in genere riscaldato, dove avvengono le succitate reazioni biochimiche e dal quale viene prelevato il gas (detto "Biogas"), chiamato "Reattore" o "Digestore". Anche in questo caso completano l'impianto dispositivi accessori per il pre e post trattamento del refluo (esempio filtri, sedimentatori, etc.) e per il regolare funzionamento dell'impianto (gruppi di riscaldamento, pompe, gasometro per la raccolta del biogas, etc.).

I due processi a confronto

I due processi biologici mirano allo stesso obiettivo utilizzando per la demolizione della sostanza organica vie diametralmente opposte. Entrambi i sistemi hanno vantaggi e svantaggi molto legati al tipo di inquinante da trattare.

Il processo aerobico ha come vantaggi la semplicità ed il relativo basso costo degli impianti, la conoscenza relativamente approfondita del processo biologico ed una lunga serie di sperimentazioni con relativi dati per la razionale gestione dell'impianto. Inoltre presenta una ottima capacità depurativa e di abbattimento della flora batterica patogena, nonché, con varianti agli impianti ormai generalizzate, un'efficace abbattimento del contenuto di sostanze azotate. Per contro presenta anche una serie di svantaggi come l'elevato costo di gestione dell'impianto dovuto sopratutto alle necessità energetiche dei dispositivi di aereazione, costi che diventano proibitivi per reflui ad elevato contenuto di sostanze inquinanti per i quali sono richiesti quantitativi di aria molto elevati. Altro svantaggio è la rilevante produzione di fanghi di supero, altamente inquinanti che si producono in quantità che sono pure in funzione del carico inquinante del refluo trattato, che devono essere successivamente smaltiti.

Il processo anaerobico si colloca in una situazione opposta: elevato costo e complessità dell'impianto, scarsa conoscenza del processo biologico e carenza di personale esperto nella gestione, peraltro più complessa; capacità depurative inferiori con effluenti che necessitano spesso di un post-trattamento, ridotto abbattimento (impianti in mesofilia) della flora patogena. Per contro presenta anche una serie di vantaggi quali produzione di energia anziché consumo (il biogas è combustibile), ridotta produzione di fanghi di supero (tra l'altro già parzialmente stabilizzati), capacità di demolizione di molecole organiche di sintesi tossiche (esempio alcuni cloroorganici come cloroformio, tricloroetano,etc., e alcuni composti aromatici).

Osservando le caratteristiche dei due processi si può notare che essi sono solo apparentemente in competizione, infatti sono in realtà complementari trovando l'optimum di applicazione su reflui diversi. Il processo aerobico risulta particolarmente indicato per scarichi molto diluiti (bassa concentrazione di sostanze inquinanti) e dotate di carica patogena (come per esempio gli scarichi fognari), al contrario il processo anaerobico trova il suo migliore impiego per il trattamento di reflui aventi concentrazione di carichi inquinanti elevate e ridotte volumetrie, anche in presenza di sostanze tossiche, si adatta bene quindi al trattamento di reflui agro­industriali e provenienti da allevamenti zootecnici.

Riassumendo i vantaggi e gli svantaggi della digestione anaerobica, rispetto al trattamento aerobico, sono:

*Vantaggi
- Prodotto finale contenente energia (biogas)
- Bassa produzione di biomassa
- Buon abbattimento della sostanza organica
- Energeticamente autosufficiente
- Bassa richiesta di nutrienti
- Discreta resistenza a sostanze tossiche
- Degradazione di alcuni composti tossici (alogenati organici e composti aromatici)
- Di solito presenta effluente deodorato
- Di solito presenta effluente privo di microorganismi patogeni

*Svantaggi:
- Processo lento e fortemente condizionato dalla temperatura
- Richiesta di pH prossimo alla neutralità
- Ecologia complessa
- Lungo periodo di acclimatazione
- A volte effluente non deodorato
- A volte effluente con patogeni

 


Caratteristiche delle acque di scarico trattabili anaerobicamente

Come precedentemente accennato il processo di depurazione avviene in modo ben diverso a seconda che si tratti di degradazione aerobica o degradazione anaerobica, di conseguenza le caratteristiche del refluo da trattare condizionano notevolmente, sia dal punto di vista tecnico che economico, la scelta del processo stesso.

In particolare le caratteristiche di maggior rilievo dell'effluente da trattare nella scelta del tipo di processo da utilizzare sono:

a) Concentrazione di sostanze organiche

Con elevate concentrazioni di sostanze organiche nel refluo da trattare, la depurazione aerobica diviene non conveniente sia per l'elevato consumo di energia richiesta dagli impianti di aereazione (molta sostanza organica da bioossidare richiede molto ossigeno ovvero molta aria), sia per l'elevata produzione di fanghi di supero che devono essere successivamente trattati. Al contrario torna vantaggiosa la depurazione anaerobica che dal processo origina una ridotta quantità di fanghi di supero, già parzialmente stabilizzati, e biogas che viene utilizzato per la produzione di energia di cui solo una parte utilizzata per il riscaldamento del reattore. Con reflui a bassa concentrazione di sostanza organica è invece da preferirsi il processo aerobico che da ottimi risultati depurativi con costi d'impianto e di gestione relativamente bassi ed è di più semplice attuazione e gestione; mentre il processo anaerobico non produrrebbe sufficiente biogas per il riscaldamento, avrebbe difficoltà a mantenersi a causa dei pochi fanghi che produce e avrebbe un impianto ben più complesso e costoso.

b) Contenuto di elementi nutritivi del refluo

Per la sintesi delle cellule batteriche sono indispensabili anche alcuni elementi, come fosforo, azoto, zolfo, etc., che possono essere carenti nelle acque reflue da trattare. Entrambi i processi considerati sono di tipo biologico e quindi entrambi richiedono succitati elementi, tuttavia la produzione di biomassa, a parità di sostanza organica decomposta, è nettamente inferiore nella digestione anaerobica (20­-25% rispetto la biomassa formata nel processo aerobico) e di conseguenza è anche minore la quantità di macroelementi richiesta dal processo. Quindi la digestione anaerobica risulta conveniente per il trattamento di reflui poveri di sostanze azotate e fosfatiche. Infatti anche se il contenuto di tali elementi fosse basso per il processo, la quantità di nutrienti da aggiungere sarebbe comunque inferiore rispetto a quella che sarebbe necessaria utilizzando il processo aerobico.

c) Temperatura dell'effluente

Nel processo di biodepurazione aerobica, temperature superiori a 25°C si sono dimostrate dannose per una buona efficenza di aereazione (la solubilità dell'ossigeno nel liquame diminuisce all'aumentare della temperatura) e per il proliferare di microorganismi dannosi come quelli filamentosi. Di conseguenza gli scarichi industriali caldi devono essere precedentemente raffreddati prima di subire il trattamento depurativo. Al contrario, poiché la digestione anaerobica opera a temperature superiori (35-40°C se in mesofilia e 55­-60°C se in termofilia), la presenza di scarichi caldi da trattare consente una riduzione della quota energetica da utilizzarsi per il riscaldamento stesso e quindi un conseguente aumento della frazione di energia prodotta utilizzabile per altri scopi.

d) Presenza di sostanze tossiche nel refluo

I reattori aerobici, forse per il gran numero di specie microbiche presenti, sono in grado di sopportare meglio la presenza di sostanze tossiche (soprattutto antibiotici) nel refluo trattato rispetto ai reattori anaerobici. Tuttavia il processo di digestione anaerobica si è dimostrato resistente ed in grado di demolire alcune molecole molto tossiche di clorurati organici e di alcuni composti fenolici.

Come si può osservare dalle considerazioni precedenti, la digestione anaerobica risulta particolarmente indicata per il trattamento degli effluenti delle industrie agroalimentari e degli allevamenti.


Reattoristica, concetti generali

Continuous Stirred Tank Reactor

Questo tipo di reattore è completamente miscelato e trova largo impiego nell'industria e negli impianti di depurazione. Il reattore viene alimentato da un'influente e l'uscita è costituita dall'effluente. All'interno funziona un agitatore che rende il reattore completamente miscelato, ovvero completamente omogeneo in ogni istante, quindi l'effluente ha le stesse caratteristiche del contenuto del reattore.

Batch Reactor

Un'altro tipo di reattore molto impiegato nell'industria, e in laboratorio anche nel settore della biodepurazione, è il reattore in batch. Questo è un reattore in cui il carico dei reagenti viene eseguito completamente prima dell'avviamento, ed il prodotto viene estratto alla fine del processo. Il reattore non ha quindi ne influente e ne effluente. Come nel CSTR anche in questo caso la miscelazione all'interno è completa: istantaneamente in ogni punto all'interno del reattore tutte le condizioni (es. temperatura, concentrazione del prodotto o reagente) sono uguali.

Plug‑Flow reactor

Il reattore plug‑flow può essere considerato come un tubo, eventualmente contenente materiale di riempimento, alimentato in continuo da una estremità e con l'uscita, pure in continuo, dalla parte opposta. Per un reattore ideale si considera che le velocità dei filetti fluidi al suo interno sia uniforme in senso radiale, come pure le concentrazioni delle sostanze (prodotti e reagenti); inoltre mancano fenomeni di diffusione longitudinale (ovvero di dispersione assiale), come pure mescolamenti sia di reagenti che di prodotti in senso assiale. Le reazioni chimiche e biochimiche avvengono in tutta la lunghezza del reattore durante il percorso del fluido, quindi le concentrazioni di reagenti e di prodotti variano in funzione della distanza assiale.


Descrizione del processo anaerobico

Generalità

Come in precedenza accennato il processo di digestione anaerobica è lo stesso per tutti gli impianti, anche se questi possono differire fra loro in misura notevole. Sostanzialmente lo scarico viene immesso in appositi contenitori a tenuta ermetica dove i composti organici vengono demoliti totalmente o anche solo parzialmente da microorganismi anaerobici in assenza di ossigeno libero, e trasformati in metano, anidride carbonica e quantità ridotte di altre sostanze. I due componenti principali, metano ed anidride carbonica, passano nella fase gassosa e costituiscono il biogas, che essendo costituito da una discreta frazione di gas combustibile può essere utilizzato per fini energetici. Questo vale per la quasi totalità del metano, il quale è poco solubile nella fase liquida (sopratutto per i processi in termofilia e mesofilia), mentre l'anidride carbonica essendo più solubile rimane in discrete quantità disciolta nella fase liquida. Questo è di fondamentale importanza per la stabilità del processo, in quanto l'anidride carbonica disciolta partecipa al sistema tampone del liquor (i microorganismi sono relativamente sensibili alle variazioni di pH che si allontanino dalla neutralità), attraverso il bicarbonato che si forma.

I microorganismi anaerobici stretti o facoltativi che permettono lo svolgimento del processo sono costituiti per la quasi totalità da batteri, che con le loro piccolissime dimensioni (10-6m) escono facilmente dal reattore, fatto questo che combinata ad una velocità di crescita ridotta, può causare problemi di gestione dell'impianto ed è stata la principale causa della scarsa diffusione e delle difficoltà di applicazione della digestione anaerobica fino ancora ad un ventennio fa. Solo a partire dalla metà degli anni '70 si sono utilizzate tecniche o accorgimenti atti a ridurre al minimo le fuoriuscite di biomassa dal reattore che consentono di poter utilizzare questo processo di depurazione su di un gran numero di acque di scarico.

L'attività dei batteri anaerobi è strettamente legata alla temperatura che deve essere compresa tra -5 e 70°C. Tuttavia per fini pratici la temperatura minima del processo non deve scendere al disotto degli 8­10°C. In realtà gli impianti psicrofili (operanti con temperature inferiori ad i 20°C) non danno grossi risultati, in termini depurativi, se non con lunghi periodi di trattamento e ciò ne preclude l'uso nella quasi totalità dei casi. Al contrario buona efficenza in tempi ridotti di trattamento hanno evidenziato i processi mesofili (temperatura compresa tra 20 e 40°C con l'optimum a 35­-37°C) e ancor di più quelli termofili (operanti con temperature superiori ai 40°C con optimum tra i 50 ed i 55°C) che però possono presentare in alcuni casi problemi di autosufficienza energetica.

Il processo biologico

Il processo biologico è molto complesso e in parte ancora non del tutto noto. Dal punto di vista tecnico si possono distinguere i batteri anaerobici in base alle funzioni svolte. Distinguiamo così quattro gruppi principali:

1) Batteri idrolitici, che spezzano le macromolecole organiche complesse e biodegradabili in sostanze più semplici (proteine in amminoacidi e acidi organici, zuccheri complessi in zuccheri semplici ed acidi, grassi in acidi grassi, etc.)

2) Batteri acetogeni produttori obbligati di idrogeno (OPHA: Obligate Hydrogen Producing Acetogens) che utilizzano le sostanze semplici e gli acidi organici prodotti dai batteri precedenti per produrre acido acetico, anidride carbonica ed idrogeno.

3) Batteri Omoacetogeni che sintetizzano acetato partendo da anidride carbonica e idrogeno.

4) Batteri metanigeni che possiamo distinguere in due gruppi:

a) Acetoclastici, che producono metano ed anidride carbonica partendo dall'acetato

b) Idrogenotrofi, che producono metano partendo da idrogeno ed anidride carbonica.

Le interazioni fra le diverse specie batteriche sono molto strette ed i prodotti del metabolismo di alcune specie vengono utilizzati da altre specie come substrato o come fattori di crescita.

 

Biochimica del processo

La demolizione della sostanza organica da parte dei microorganismi anaerobici viene effettuata sia per ricavare energia, sottoforma di energia chimica di ossidazione, per il loro metabolismo, sia, in misura molto minore, per la sintesi cellulare.

Mentre i microorganismi aerobici utilizzano l'ossigeno libero come ossidante nelle loro reazioni di ossidazione della sostanza organica (respirazione), i microorganismi anaerobici utilizzano come ossidante sia la sostanza organica (fermentazione) sia alcuni composti minerali diversi dall'ossigeno, come solfati, carbonati, nitrati (respirazione anaerobica).

L'ossidazione avviene come perdita di elettroni, in genere associata ad una perdita di una coppia di atomi di idrogeno, da parte della sostanza ossidata. Gli elettroni e l'idrogeno vengono via via passati agli accettori finali (ossidanti) che si riducono (esempio l'ossigeno che si riduce ad acqua, l'anidride carbonica che si riduce a metano, od una aldeide che si riduce ad alcole). La rimozione ed il trasferimento dell'idrogeno è di tipo enzimatico ed avviene grazie all'intervento di coenzimi di trasporto come il NAD (Nicotinamide Adenina Dinucleotide) e/o la sua forma fosfatata (NADP), che dapprima si riducono e quindi ritornano allo stato ossidato cedendo l'idrogeno ad altre sostanze, in genere in più passaggi fino ad arrivare agli accettori finali.

Durante questo trasporto di elettroni e idrogeno da composti aventi energia di legame superiore ai composti successivi, si ha la liberazione di energia che viene immagazzinata sottoforma di legame fosfato nel ATP (AdenosinTriFosfato) che si forma dal ADP (AdenosinDiFosfato) e fosforo inorganico in presenza di energia. Lo ATP contiene energia direttamente utilizzabile dalle cellule mediante la reazione inversa che porta alla liberazione di energia e la produzione di ADP e fosforo.

Ecologia del processo

Il processo di digestione anaerobica ha un'ecologia molto complessa a causa del folto numero di gruppi fisiologici di batteri che vi partecipano, ed alle loro molteplici interazioni.

In base alle attuali conoscenze i processo di digestione anaerobica può essere suddiviso in tre fasi, strettamente interconnesse fra loro a causa della dipendenza di alcuni microorganismi dai metaboliti prodotti da altri.

La prima fase del processo è l'idrolisi delle sostanze organiche complesse e la fermentazione dei prodotti dell'idrolisi ad acidi grassi, alcoli, ed altri prodotti intermedi, ad opera di microorganismi anaerobi facoltativi. Questa fase può essere quella limitante del processo qualora la sostanza organica sia costituita da molecole particolarmente resistenti alla digestione come per esempio la cellulosa. Durante questa fase il NADH (NAD ridotto) deve essere rigenerato e questo avviene attraverso la riduzione degli idrogenioni con la produzione di idrogeno gassoso utilizzabile dai batteri metanigeni idrogenotrofi. In questo modo il piruvato (primo intermedio della fase di idrolisi­fermentazione) può essere continuamente deidrogenato ad Acetil­CoA e quest'ultimo trasformato in acetato. Nel caso che la rimozione di idrogeno non avvenga con sufficiente velocità (ridotta attività dei metanigeni idrogenotrofi), la rigenerazione del NADH avviene per altre vie con produzioni di acidi organici come propionico, butirrico, lattico, etc..

La seconda fase è costituita dalla deidrogenazione acetogenica dei prodotti delle fermentazioni, con la produzione di acetato, anidride carbonica e idrogeno.

In condizioni standard l'energia libera per la conversione di etanolo, propionato, butirrato è positiva, quindi affinché la reazione avvenga è indispensabile che le concentrazioni dei prodotti di reazione siano estremamente basse in modo da rendere negativa la variazione di energia libera. In particolare è ancora l'idrogeno che regola l'andamento di questa fase del processo in quanto è la sostanza più lenta, tra i prodotti di questa seconda fase, ad essere utilizzato. Affinché le reazioni di acetificazione avvengano regolarmente è indispensabile che il contenuto di idrogeno molecolare, espresso come pressione parziale di gas, sia compresa tra 10+4 e 10-6 bar. Pressioni parziali del gas superiori rendono impossibile lo svolgimento delle reazioni di acetificazione del propionato e del butirrato, mentre pressioni parziali inferiori rendono impossibile la riduzione metanigena del bicarbonato. La riduzione dei solfiti e dei solfati in solfuri, operata dai batteri solfatoriduttori, avviene già con pressioni parziali di idrogeno dell'ordine dei 10+8 bar, quindi questa reazione è avvantaggiata rispetto alla riduzione metanogenica del bicarbonato. La rimozione dell'acetato sia da parte dei batteri metanigeni che dei batteri solfatoriduttori è indipendente dalla pressione parziale dell'idrogeno, tuttavia risulta energeticamente favorita la reazione dei batteri solfatoriduttori.

Nella tabella che segue sono indicati i principali batteri metanigeni ed i relativi substrati utilizzati

Substrato                            Organismo

                                                          Methanobacterium briantii, M. formicium          
                                                          Methanobrevibacter arboriphilus, M. smithii    
idrogeno                                          Methanococcus voltae, M. vannielii   
                                                          Methanomicrobicum mobile  
                                                          Methanospirillum hungatei   
                                                          Methanosarcina mazei, M. barkeri       

                                                          M. formicium, M. smithii, M. voltae     
ac. Formico                                     M. ruminantuim, M. hungatei, M. mobile           

metanolo                                         Methanosarcina mazei, M. barkeri       

ac. Acetico                                      Methanotrix soehngenii, M. barkeri, M. mazei  

 

La tabella successiva mostra la conversione dell'etanolo a metano:

Reazione                                                                                                  ΔG (kj)  

etanolo
CH3CH2OH + H2O = CH3COO- + H+ + 2H2                                                      + 9.65

idrogeno
2H2 + 1/2 CO2 = 1/2 CH4 + H2O                                                                         -65.35

acetato
CH3COO- + H+ = CH4 + CO2                                                                              -35.83

bilancio totale                                                                                                    
CH3CH2OH = 3/2 CH4 + 1/2 CO2                                                                       -91.55

Le due tabelle che seguono riportano rispettivamente la conversione del propionato e del butirrato a metano:

Reazione                                                                                                  ΔG (kj)  

propionato
CH3CH2COO- + 2H2O = CH3COO- + 3H2 + CO2                                              +71.67

idrogeno
3H2 + 3/4 CO2 = 3/4 CH4 + 3/2 H2O                                                                   -98.06

acetato
CH3COO- + H+ = CH4 + CO2                                                                              -35.83

bilancio totale                                                                                                    
C2H5COO- + H+ + 1/2 H2O = 7/4 CH4 + 5/4 CO2                                              -62.22

 

Reazione                                                                                                  G (kj) 

butirrato
CH3(CH2)2COO- + 2H2O = 2CH3COO- + 2H2 + H+                                          +48.3

idrogeno
2H2 + 1/2 CO2 = 1/2 CH4 + H2O                                                                         -65.37

acetato
2CH3COO- + H+ = 2CH4 + 2CO2                                                                        -71.66

bilancio globale                                                                                                 
C3H7COO- + H2O + H+ = 5/2CH4 +3/2CO2                                                       -88.73

 

La ridotta rimozione di idrogeno comporta un aumento di acidi grassi, in particolare piruvico, propionico e butirrico, che portano ad una riduzione del pH con conseguente inibizione del processo di metanogenesi, il quale essendo il principale utilizzatore degli acidi stessi, porta ad un continuo accumulo di acidi grassi che per la loro tossicità e per l'ulteriore riduzione del pH causa l'arresto completo prima della metanogenesi poi anche delle altre fasi del processo di digestione anaerobica.

La terza fase consiste nella produzione di metano da parte dei batteri metanigeni, i quali operano principalmente attraverso due vie: Idrogenotrofa e Acetoclastica.

La metanogenesi idrogenotrofa è sostanzialmente una riduzione dell'anidride carbonica (presente in soluzione come bicarbonato), accettore finale di elettroni ed idrogeno, in metano ed acqua. Sostanzialmente si tratta di una respirazione anaerobica ed è operata da quasi tutte le specie di batteri metanigeni (fa eccezione il genere Methanotrix) ed è responsabile della produzione di circa il 30% del metano durante la digestione anaerobica di substrati organici complessi. La reazione è la seguente:

4 H2O + CO2 = CH4 + 2 H2O                                                       ΔG = -135

La metanogenesi idrogenotrofica, pur contribuendo solamente per circa 1/3 nella produzione di metano, ha un'importanza primaria come via di rimozione dell'idrogeno ed evitare quindi l'accumulo di acidi organici.

Oltre a questa si svolgono altre respirazioni anaerobiche, che coinvolgono come accettori finali di elettroni (e di idrogeno) principalmente nitrati, nitriti, solfati e solfiti, naturalmente quando tali composti sono presenti. Tali reazioni sono energeticamente avvantaggiante rispetto a quella di metanogenesi e quindi possono essere utili per mantenere bassa la pressione parziale dell'idrogeno ed evitare l'acidità del reattore, anche se questo provoca uno scadimento qualitativo del biogas per la presenza di azoto e acido solfidrico.

Circa il 70% del metano prodotto si forma per via acetoclastica, che consiste nella rottura della molecola dell'acetato in una molecola di metano ed una di anidride carbonica, secondo la reazione:

CH3COOH = CH4 + CO2                                                             ΔG = -31

Nonostante che questa sia la reazione metanigena predominante, solamente due generi di metanigeni sono in grado di svolgerla: Methanotrix, acetoclastici obbligati, e alcuni ceppi di Methanosarcina, acetoclastici facoltativi, in quanto in grado di utilizzare l'idrogeno per la riduzione del bicarbonato con pressioni parziali dell'idrogeno stesso superiori a 10-6 bar, mentre la metanogenesi acetoclastica risulta inibita con pressioni parziali di idrogeno di 0.1­-0.2 bar.

Microorganismi

La digestione anaerobica è operata da un grande numero di batteri, nell'ambito della quale ogni specie svolge determinate reazioni biochimiche. Tuttavia il principale gruppo batterico, sopratutto perché quello limitante il processo, è costituito dai batteri metanigeni.

I batteri metanigeni sono tassonomicamente e fisiologicamente vicini fra loro, e sono tutti anaerobi stretti e fanno parte del phylum degli Archibatteri. Tra i principali generi ricordiamo Methanosarcina e Methanothrix, entrambi della famiglia delle Methanosarcinacee, che con la famiglia delle Methanomirobiacee (che comprende i generi Methanospirilum, Methanogenium e Methanomicrobium), fanno parte dell'ordine Methanomicrobiales. Altri generi meno importanti sono Methanobacterium e Methanobrevibacter (famiglia delle Methanobacteriacee, ordine dei Methanobacteriales) e il genere Methanococcus appartenente alla famiglia delle Methanococcacee e all'ordine dei Methanococcales.

Tra le condizioni ambientali indispensabili all'ottimale attività di questi batteri metanigeni e di molti altri generi che partecipano alla metanogenesi, oltre all'anaerobiosi stretta, ricordiamo la temperatura compresa tra 30 e 40°C oppure tra 50 e 60°C, ed il pH che deve essere neutro o subalcalino (7­-7.5) con i limiti a 6.5 e 8.

Quasi tutte le specie di batteri metanigeni, sono in grado di svolgere la reazione biochimica che porta alla produzione di una molecola di metano e due di acqua a partire da una molecola di anidride carbonica e quattro di idrogeno, reazione esoergonica avente un'energia libera standard di Gibbs pari a -135.7 Kj/mole. Tuttavia partendo da un substrato di natura complessa circa i 2/3 del metano prodotto provengono da una reazione acetoclastica, dove una molecola di acetato viene decomposta in una molecola di metano ed una di anidride carbonica, con lo sviluppo energetico di -31 Kj/mole. Allo stato attuale delle conoscenze solamente due generi di batteri sono in grado di svolgere quest'ultima reazione: Methanosarcina e Methanotrix. In questo modo questi due generi batterici risultano i più importanti metanigeni nell'ambito della biodepurazione anaerobica. Il genere Methanosarcina è in grado di utilizzare anche la reazione di metanogenesi che parte dall'utilizzazione della anidride carbonica e dell'idrogeno (idrogenotrofa), ma solo con pressioni parziali di idrogeno superiori a 10-4 bar questa via diventa significativa nella produzione di metano. Al contrario il genere Methanotrix non è in grado di svolgere questo tipo di reazione e produce metano solamente per via acetoclastica.

I due generi di metanobatteri considerati hanno differenze cinetiche tali da rendersi in un certo senso complementari, infatti il genere Methanosarcina presenta velocità di crescita che sono circa quadruple di quelle del genere Methnotrix, tuttavia quest'ultimo presenta un'affinità per il substrato molto maggiore, tanto che per concentrazioni di acetato inferiori ai 50 mg/l sarà ancora il genere dominante.

Inoltre i Methanosarcina hanno un ciclo vitale complesso e non del tutto chiaro che consiste in fasi alterne di aggregazione e dispersione, con una scarsa suscettibilità ad aderire ai materiali, quindi tendono ad uscire con relativa facilità dai reattori, al contrario il genere Methanotrix, che sono filamentosi hanno una forte tendenza ad aderire ai supporti e di raggomitolarsi fra loro inglobando anche altri microorganismi (formazione di fiocchi e granuli batterici). Anche dal punto di vista dell'ambiente ottimale i due generi differiscono: i Methanotrix prediligono pH 7 e temperature attorno ai 37°C, mentre i Methanosarcina hanno temperature ottimali attorno ai 40°C e pH ottimale di circa 6.5.

Oltre ai metanigeni moltissimi altri batteri partecipano alla digestione anaerobica nelle sue varie fasi, tra i principali generi batterici ricordiamo Pseudomonas, Bacillus, Costridium, Bifidobacterium, Alcaligens, Staphilococcus, Ruminococcus, Bacterioides, che fanno parte dei batteri idrolitici; abbiamo poi un grande numero di batteri acidogenici, denitrificanti, solfatoriduttori.

Calcolo della produzione di metano

Esiste una precisa relazione fra quantità di sostanza organica distrutta e quantità di metano prodotta. Esprimendo la sostanza organica come COD, si possono valutare i prodotti della digestione anaerobica mediante le formule di Buswell (A.M.Buswell and G.E.Symons, 1933, "The methane fermentation of carbohydrates", Jurnal of A.Chem.Soc.,55,2028­2036.) di cui riportiamo la versione "completa":

CnHaObNcSdMe +(n-a/4-b/2+7/4 c+d/2+3/8 ev) H2O=

= (n/2-a/8+b/4-5/8 c+d/4-978 ev) CO2 +

+ (n/2+a/8-b/4-3/8 c-d/4+av/8) CH4 +

+ c NH4HCO3 + d H2S + e M(HCO3)v

dove "M" rappresenta uno ione metallico e "v" rappresenta la valenza dello stesso.

Si noti che sviluppando la formula per carboidrati, lipidi e proteine, la produzione di metano per unità di massa della sostanza degradata, decresce dai grassi, agli zuccheri ed alle proteine.

Come esempio si prenda una molecola semplice, per evitare inutili complicazioni, quali il glucosio, il quale in condizioni aerobiche può ossidarsi secondo la reazione:

C6H12O6 + 6O2 = 6CO2 + 6H2O                                                         686 Kcal/mole

180                192                                                                                  (pesi molecolari)

mentre in ambiente anaerobico avviene la reazione seguente:

C6H12O6 = 3CO2 + 3CH4                                                                       55 Kcal/mole

                                      48                                                                     (peso molecolare)

Si noti che da una Kilomole di glucosio (180 Kg), ovvero da 192 Kg di COD, si ottengono in anaerobiosi 48 Kg di metano. Rapportando tale valore al quantitativo di COD, si ottiene la produzione di metano riferita ad una unità di COD, la quale è di 48/192 = 0.25 Kg di metano per ogni Kg di COD distrutto. In termini volumetrici, in considerazione che 0.25 Kg di metano rappresentano 15.625 moli dello stesso, e che ogni mole in condizioni standard occupa un volume di circa 22.414 dm3, significa che un Kg di COD distrutto da origine a 0.35 m3 di metano. Tale fattore di conversione perde valore quando la sostanza da digerire contiene in discreti quantitativi composti ridotti diversi dal carbonio, come i solfuri, i quali consumano ossigeno senza produrre metano.

Ruolo del pH nella digestione anaerobica

Il mantenimento di un pH attorno a 7­-7.5 ha una fondamentale importanza per il processo di digestione anaerobica, che viene inibito anche da minime variazioni dello stesso. Infatti il valore pH determina gli equilibri chimici delle specie ioniche in soluzione. Analizzando il comportamento dei composti ionici e salini presenti nella digestione anaerobica, si possono trarre alcune interessanti indicazioni.

I carbonati a pH<6 sono presenti quasi esclusivamente come H2CO3, che invece scompare ad un pH>8; mentre ad un pH<8 è lo ione CO3= ad essere assente. Con pH compreso fra 6 ed 8 la specie ionica predominante è il bicarbonato. La presenza di questo ione è di fondamentale importanza per il processo in quanto esso è il principale responsabile del sistema tampone del mezzo e quindi del mantenimento del pH sui valori ottimali. Il bicarbonato si forma in equilibrio con l'anidride carbonica disciolta e prodotta dallo stesso processo di digestione, a sua volta in equilibrio con l'anidride carbonica gassosa presente nel biogas.

Altre due sostanze che possono formarsi nell'ambiente riducente del processo di digestione anaerobica sono i solfuri e l'ammoniaca, che si generano rispettivamente in presenza di solfati (e solfiti) e di sostanze azotate, anche organiche come proteine e peptidi. Queste sostanze sono importanti per la tossicità che alcune loro forme hanno nei confronti dei microorganismi interessati al processo di digestione, e per problemi tecnici e sanitari che danno al momento dell'utilizzazione del biogas e dello scarico dell'effluente (esempio la corrosività dell'idrogeno solforato). Il solfuro, con un pH del mezzo compreso tra 7 e 14, si trova per la maggior parte come ione HS-, mentre l'acido solfidrico prevale con pH<7. Praticamente assente lo ione S= con pH<12. L'ammoniaca, dotata di una notevole tossicità nei confronti dei batteri metanigeni (inibizione totale a soli 100 ppm di concentrazione e inibizione del 60% con concentrazioni di 50 ppm secondo H.Croiss e F.Wabnegg, 1983, "Testing method to characterize anaerobic sludge and anaerobic removal of substrate, paper of 3rd Int.Simp. on Anaerobic Digestion, Vienna.), rappresenta solo il 10% del totale con pH attorno al 7, dove il restante 90% è costituito dal molto meno tossico ione ammonio (NH4+). Con l'aumento del pH aumenta anche la frazione di ammoniaca, che diventa pari a circa il 50% con un pH di 9.3.

Il pH influenza anche la permeabilità delle membrane cellulari sia direttamente modificando le proteine di membrana, sia indirettamente in quanto le sostanze in forma ionica permeano con maggiore difficolta dei composti elettricamente neutri.

Nota l'importanza di tutto questo per la vita batterica si comprende l'importanza di mantenere il pH entro limiti compatibili con lo sviluppo batterico (Kodukula, Prasckam, Antonisien, 1988, "Role of pH in biological wastewater treatment process", in "Phisiological model in microbiology", vol.1, cap.6, pp.113­-135, CRC Press, Boca Raton, Florida).

Molti autori hanno condotto ricerche finalizzate alla scoperta dei valori ottimali e dei limiti del pH nello svolgimento della digestione anaerobica, ed i risultati sono concordi nello stabilire tra 6.5 ed 8 il valore ottimale del pH.

Con pH di 5, la metanogenesi è meno della metà rispetto a quella che si verifica con pH=7, e si arresta completamente con valori attorno al 4.

L'effetto del pH, quindi, non è dovuto tanto ad un'azione battericida, ma piuttosto ad un'azione inibente dell'attività batterica: infatti ripristinando le condizioni di pH ottimali si ha un recupero, più o meno rapido in relazione al tempo di permanenza a bassi pH, della normale attività metanogenica.

La permanenza a pH superiori al 7 causa gli stessi effetti ma in maniera più accentuata, infatti si è sperimentalmente dimostrato che con pH attorno a 9 la metanogenesi si arresta ed il recupero è assai più lento rispetto ad una condizione di acidità (R.H.Clark and R.E.Speece, 1970, "The pH tollerance of anaerobic digestion", proc. of 5th Int.W.P.R.Confer.). Nei sistemi biologici con biomassa aggregata o adesa, la resistenza alle variazioni di pH risulta superiore a causa dell'instaurarsi nello spessore della biomassa di un microambiente a pH stabile.

In definitiva si è osservato che nella digestione anaerobica le variazioni di pH rispetto ai valori ottimali non determinano danni eccessivi. Nonostante questo è comunque indispensabile riportare rapidamente il pH alla normalità per mantenere in efficenza i batteri metanigeni, ed anche per evitare un eccessivo accumulo di acidi organici prodotti dai batteri acidogeni, che sono favoriti da pH compresi tra 5 e 6, con conseguente ulteriore riduzione del pH.

Potere tampone: il ruolo dei bicarbonati

Considerata l'importanza di un pH stabile e vicino alla neutralità, si comprende il ruolo fondamentale dell'effetto tampone, detto anche "buffer", nei processi di digestione anaerobica.

Ai valori di pH in cui il processo si sviluppa, tale effetto è determinato da cationi (ioni metallici e ione ammonio) in equilibrio con anioni, rappresentati dagli ioni degli acidi grassi volatili, dallo ione bicarbonato e dallo ione bisolfuro. Il sistema può essere sintetizzato nell'equazione di equilibrio delle cariche che segue:

[Me+] + [H+] = [HCO3-] + [Ac-] + [HS-] + [OH-]

Non tutti gli anioni coinvolti hanno la stessa importanza ai fini dell'effetto tampone, infatti gli acidi organici (indicati con Ac-) hanno capacità tampone a pH troppo bassi per la metanogenesi, mentre i solfuri non sono presenti in tutti reflui in quantità tali da influire sulla capacità tampone. Ne consegue che il principale responsabile della capacità tampone è il bicarbonato, e di conseguenza il principale parametro per determinare la stabilità del pH è l'alcalinità da bicarbonato (J.J.Jeris, I.J.Kugelman, 1973, "Anaerobic digestion", Adv.Chem.,107; & A.Rozzi, 1984, "Physico‑chemical equilibria in anaerobic digesters", in "Biomethane, use and production", Turret­Wheatland LTD, Rickmansworth, U.K.).

Effetto della presenza di solfati durante la digestione anaerobica

Molti reflui trattabili anaerobicamente hanno un contenuto di composti solforati non trascurabile ai fini del processo di digestione. Tali composti possono essere sia di natura inorganica come solfati e solfiti, presenti in rilevanti quantitativi negli effluenti di industrie vinicole, distillerie, cartiere, etc.; oppure sottoforma organica, come tutti gli effluenti contenenti elevate concentrazioni di sostanze proteiche di origine animale, come per esempio le acque reflue dei macelli. Risulta utile al fine della comprensione del processo e per la progettazione e gestione dell'impianto, conoscere gli effetti della presenza di composti solforati all'interno di un impianto di digestione anaerobica.

La principale forma dei composti solforati è quella di solfato, che nell'ambiente fortemente riducente del reattore anaerobico viene presto trasformato in solfuro. Sia il solfato che il solfuro influenzano il processo biologico.

La presenza di solfati, favorisce la crescita dei batteri solfatoriduttori (Sulphate Reducing Bacteria, SRB), che competono con i batteri metanigeni (Methane Producing Bacteria, MPB) nell'utilizzazione dell' acetato e dell'idrogeno.

Schemi di processo

Parametri di processo

I principali parametri che definiscono le caratteristiche dei processi anaerobici sono:

- Tempo medio di residenza idraulica (HRT)

Questo parametro è dato dal rapporto tra il volume utile di reattore e la portata idraulica di alimentazione. Esso rappresenta il tempo di permanenza di ogni elemento fluido all'interno del reattore (solo per i reattori plug‑flow) o la media dei tempi di permanenza nel reattore dei singoli elementi fluidi (reattori CSTR). Per una più approfondita indagine sui tempi di permanenza occorre utilizzare tecniche particolari come quelle descritte per l'indagine fluodinamica del reattore.

- Tempo medio di ritenzione dei fanghi (SRT)

Si consideri un reattore alimentato con un'influente contenente una concentrazione di solidi sospesi trascurabile rispetto a quella contenuta nel reattore e funzionante in condizioni stazionarie. In tali condizioni la concentrazione di microorganismi nel reattore è costante, ovvero la quantità di fanghi prodotti è uguale alla quantità di fanghi smaltiti. In questo caso si definisce il tempo medio di ritenzione dei fanghi come segue:

SRT = V•SS/Qs

dove "QS" è la portata dei solidi sospesi in uscita dal reattore, "V" è il volume utile di reattore e "SS" è la concentrazione di solidi sospesi nel volume "V". Se consideriamo i solidi sospesi come indice della quantità di microorganismi, la relazione precedente può essere espressa nella forma seguente:

QX = µ•X•V

dove "X" è la concentrazione di microorganismi, "µ" è la velocità specifica di crescita degli stessi, "QX" è la portata in uscita dei microorganismi stessi. Come conseguenza vale la relazione:

µ = 1/SRT

Risulta evidente quindi che il tempo minimo dell'SRT deve essere maggiore del reciproco del "µmax".

Per sistemi che trattino effluenti ad elevate concentrazioni di solidi sospesi tutte queste relazioni, eccetto la prima, non sono valide.

- Fattore di carico organico.

Questo fattore se riferito alla biomassa, rappresenta la velocità di rimozione del substrato per unità di concentrazione della biomassa:

U = (dS/dt)/X = [Q(S0 - Sf)]/VX

Nel caso che il parametro sia riferita alla concentrazione dei solidi sospesi, come spesso accade nella pratica (sopratutto all'avviamento degli impianti):

Cosv = Q•S0/SS

oppure se riferito all'unità di massa dei solidi sospesi:

Com = Q•S0/(SS•V)

In ogni caso questo è un parametro scarsamente utilizzato nell'ambito della digestione anaerobica a causa della difficile determinabilità della quantità di biomassa per via dell'elevato contenuto in solidi sospesi dei reflui trattati.

- Fattore di carico organico volumetrico

Al contrario del precedente questo è un parametro molto usato in questo settore, e rappresenta la portata di substrato all'ingresso del reattore riferito al volume dello stesso:

Cov = Q•S0/V

tale parametro è molto impiegato per il dimensionamento empirico di massima di un reattore in funzione dello scarico da trattare. Si noti che "V" rappresenta in questo caso il volume complessivo del reattore e non il volume utile (quello effettivamente occupato dalla fase liquida).

- Efficienza di rimozione (E)

Tale valore è dato dalla relazione:   E = (S0 - Sf)/S0

- Temperatura (T)

Nei processi anaerobici, come già illustrato in precedenza, la temperatura è un parametro fondamentale sia dal punto di vista funzionale (i microorganismi più attivi sono mesofili o termofili), sia dal punto di vista tecnico­economico (coibentazione e riciclo energetico per il riscaldamento del reattore). Operando nell'ambito mesofilo relativamente impiegate sono le relazioni che legano i parametri cinetici di monod alla temperatura calcolate da J.T.O'Rourke & P.L.McCarty, 1967, "Anaerobic treatment at reduced temperature", annual meeting of Wat.Poll.Contr.Fed.

µmax = km • y = 0.28 • e 0.036(35-T)

ks = 700 • e 0.1(35-T)

- Fattore di conversione in gas del carico organico immesso

Questo parametro è dato dal rapporto tra la portata volumetrica del gas prodotto e la portata massica del substrato rimosso nel processo, ovvero:

Ygas = Qgas/[Q(S0-Sf)]

Quando il parametro è espresso in termini di metano prodotto per massa di COD utilizzato, allora il valore teorico diventa:

YCH4 = 0.35 Nm3 CH4 prodotto/kg COD rimosso

- Efficienza di gassificazione

Esprime il rapporto tra il carico organico trasformato in biogas e quello introdotto dall'influente. Nella maggioranza dei casi viene espresso come percentuale di metano prodotto sul valore teorico:

Eg = QCH4/(0.35•Q•S0•E)

- Produzione specifica di gas.

E' un valore riferito al volume del reattore, e rappresenta la portata di biogas relativa al volume del reattore:

qgas = Qgas/V

Qualche volta questo valore è riferito alla portata del solo metano.

 

Classificazione dei processi

I processi di trattamento anaerobici possono essere classificati in base a diverse caratteristiche. In funzione della procedura di alimentazione possiamo distinguere tre tipi di reattore: ad alimentazione discontinua, ad alimentazione semicontinua e ad alimentazione continua. In base al regime idraulico del reattore questo può essere classificato in completamente miscelato, a corrente monodimensionale (plug‑flow) e a regime intermedio. A seconda delle condizioni della biomassa distinguiamo i reattori in: a biomassa sospesa, a biomassa sospesa con supporto inerte, e a biomassa adesa (sopra superfici fisse o mobili). Anche i base alla sequenza delle reazioni possiamo suddividere i reattori: a fasi riunite e a fasi separate. Infine, per i soli reattori a biomassa sospesa, una distinzione può essere operata sul controllo del tasso di crescita della biomassa stessa: con controllo sulla portata dell'effluente (senza riciclo solidi ovvero HTR=SRT), e con controllo sulla portata di spurgo dell'effluente (riciclo solidi, ovvero SRT>HRT).

Processi discontinui

Questi reattori sono caratterizzati dal fatto di essere alimentati una sola volta all'inizio di ogni ciclo di digestione, il quale avviene senza scambi con l'esterno per quello che riguarda l'influente e l'effluente (il biogas in genere è asportato durante il ciclo). Al termine del ciclo di digestione si ha l'arresto del processo con l'estrazione dell'effluente trattato.

I reattori con alimentazione discontinua sono in genere digestori molto semplici ed economici privi di sistemi di controllo del processo che vengono usualmente impiegati in aziende agricole per la digestione degli escrementi animali da impiegarsi successivamente per la fertilizzazione del suolo. Solitamente si tratta di reattori "a freddo" che richiedono lunghi tempi di permanenza (circa 60 giorni) sprovvisti di qualsiasi tipo di sistema di agitazione. Le prestazioni sono in genere adeguate alle necessità, che consistono nella stabilizzazione della sostanza organica da spandere in campo con una produzione secondaria di biogas.

Nell'ambito dei digestori discontinui si ricordino i digestori batch utilizzati nei laboratori per la ricerca sul processo, la determinazione dei parametri cinetici e la valutazione della biodegradabilità di un refluo. In questi casi si tratta in genere di piccoli reattori (alcuni litri di volume) opportunamente riscaldati e completamente miscelati.

Reattori ad alimentazione continua

Reattore CSTR senza riciclo fanghi

In questo tipo di reattore l'influente viene introdotto in flusso continuo (o semicontinuo), e vi permane all'interno per un periodo espresso dal tempo medio di ritenzione idraulico, dopodiché viene scaricato. Il reattore è dotato di sistemi di agitazione che condizionano il tempo di ritenzione reale del liquame, infatti l'HRT rappresenta un valore medio, mentre i singoli elementi fluidi persistono all'interno del reattore per tempi differenti, sia maggiori che minori al valore dell'HRT. Tutto questo riduce l'efficienza di depurazione rispetto ad un reattore plug‑flow con analogo HRT.

La concentrazione dei composti solubili, dei solidi sospesi e della biomassa nell'effluente è uguale a quella della fase liquida nel reattore, ammettendo che il sistema di agitazione sia effettivamente in grado di omogeneizzare la massa. Per questo motivo il reattore CSTR risente meno, rispetto ad un reattore PFR, delle variazioni dell'influente, le quali vengono rapidamente smorzate dalla miscelazione nell'intera massa liquida contenuta nel reattore stesso.

Reattore CSTR con riciclo dei fanghi

Questo sistema, chiamato anche processo a contatto, è dotato di un'efficienza depurativa superiore al processo precedente a causa del maggiore tempo di contatto tra effluente e biomassa ed alla maggiore concentrazione di quest'ultima. Tale effetto è ottenuto mediante il riciclo di una frazione dei solidi in uscita dal reattore, separati dal resto dell'effluente tramite un sedimentatore.

Le prestazioni di questo tipo di non sono strettamente condizionate dal HRT come nel caso del CSTR senza riciclo, infatti la presenza di quest'ultimo separa i valori dell'HRT da quelli dell'SRT.

Reattore plug‑flow senza riciclo

Questo processo a biomassa sospesa utilizza reattori caratterizzati da una dimensione molto maggiore rispetto alle atre due tale che lo scarico avanza lungo la direzione maggiore senza subire mescolamenti lungo tale direzione. Il tempo di residenza di ogni frazione di liquido corrisponde effettivamente al tempo di residenza idraulico (HRT). La concentrazione delle sostanze solubili e sospese varia in funzione della distanza percorsa dalla sezione di fluido lungo la direzione maggiore del reattore. Spesso si utilizzano formule empiriche relativamente semplici ma funzionali per la valutazione delle variazioni delle concentrazioni in funzione della lunghezza del reattore, come per esempio quella del substrato:

Se/So = e-KL

dove "L" è la lunghezza del reattore e "K" è una costante cinetica determinata sperimentalmente su un determinato tipo di refluo alle condizioni in cui è posto il reattore. Un approccio più complesso consiste nel considerare il reattore come un numero infinito di reattori CSTR in serie.

Questo schema di processo viene impiegato sopratutto per reflui zootecnici in particolare di provenienza bovina caratterizzati dal contenere elevate concentrazioni di batteri utili alla digestione anaerobica.

Processo plug‑flow con riciclo

Questo è un processo simile al precedente da cui se ne differenzia per un riciclo di biomassa, separata dall'effluente in uscita con un sedimentatore e reimmessa all'ingresso del reattore. Per questo tipo di processo valgono le stesse considerazioni fatte per il CSTR con riciclo nei confronti del CSTR senza riciclo.

Lagunaggio

In questo tipo di processo il reattore è un bacino avente una dimensione, la profondità, molto minore delle altre due. Si tratta di un processo misto con la parte superficiale in aerobiosi e la parte profonda in anaerobiosi, dotato di regime idraulico molto complesso che ne rende difficile prevederne le prestazioni. Quest'ultime sono garantite dai lunghi tempi di permanenza, anche in considerazione del fatto che si opera in psicrofilia, e dalla destinazione finale dell'effluente che in genere è lo spargimento in campo. La richiesta al reattore è la semplice stabilizzazione del liquame. Questo tipo di processo è impiegabile per scarichi non molto concentrati qual'ora si disponga di ampie superfici di terreno non destinabili ad altri usi.

Processo a fasi separate

Questo processo si basa sulla separazione delle fasi di acidificazione e metanogenesi, separazione dettata dalla diversità delle condizioni ottimali di processo dei microorganismi che operano le due trasformazioni. Infatti nei reattori CSTR e PFR con le due fasi riunite, si opera in condizioni di compromesso con i conseguenti problemi relativi alle diverse velocità di crescita, alla diversa tollerabilità di pH ed alla diversa resistenza alle varie concentrazioni di acidi grassi volatili, dei due gruppi di microorganismi. Per superare questi inconvenienti sono stati ideati i processi a due fasi, caratterizzati da un primo reattore di dimensioni ridotte dove si sviluppano i microorganismi acidificanti. Per le caratteristiche di questi microorganismi, il processo avviene a pH basso (5-6.5) con temperature più basse (circa 20-25°C) e con velocità rilevanti (reattore piccolo e senza riciclo fanghi). In un secondo reattore avvengono i processi di metanogenesi, che essendo più lenti richiedono un reattore più grande ed eventualmente un riciclo dei fanghi, mentre le condizioni di lavoro del reattore sono quelle ottimali dei batteri metanigeni (7<pH<7.5 e temperatura attorno ai 35°C se si opera in mesofilia o di circa 55°C se si opera in termofilia). I reattori impiegati possono appartenere a tipi diversi ma in genere sono costituiti da CSTR e quindi il processo può essere considerato come un CSTR ed un contatto disposti in serie.

Processi a biomassa adesa

Nei processi biologici le prestazioni depurative sono condizionate dalla concentrazione della biomassa nel reattore. Uno dei principali problemi nei reattori precedenti è la perdita di una cospicua frazione di biomassa dovuta alla sua bassa sedimentabilità, questo limita le capacità di carico organico dei reattori. Per far fronte a questo problema sono stati studiati reattori in cui la biomassa aderisce a supporti fissi o mobili ed è di conseguenza trattenuta all'interno del reattore. In questa maniera è possibile avere alte concentrazioni di biomassa all'interno del reattore ed è quindi maggiore la capacità di operare ad elevati carichi organici con brevi tempi di ritenzione (e quindi reattori più piccoli).

Il principale tipo di reattore a letto fisso è il filtro anaerobico, costituito essenzialmente da una colonna riempita da materiale inerte simile a quelli impiegati per i filtri percolatori aerobici: anelli Rashing, pietrisco, materiale plastico opportunamente foggiato, etc.. Tale materiale deve offrire un elevato indice di vuoto (=1-volume reale/volume apparente) ed una notevole superficie libera (sulla quale aderirà la biomassa). Successivamente verranno illustrati alcuni tipi di reattori appartenenti a questo gruppo con relativi vantaggi e problematiche.

Dal punto di vista del regime idraulico, questi reattori sono assimilabili a plug‑flow; tuttavia in alcuni casi, in seguito all'applicazione di elevati rapporti di riciclo, il reattore può essere assimilato ad un reattore quasi completamente miscelato.

Per questi tipi di reattori dove la biomassa forma un film più o meno sottile, detto biofilm, si pone il problema delle resistenze al passaggio delle sostanze, in particolare il substrato, dalla zona liquida al biofilm stesso e viceversa.

Processi a letto fluidizzato

In questo tipo di processo vengono utilizzati reattori in cui la biomassa è aggregata in fiocchi o granuli di fango oppure questa si trova adesa sopra particelle di materiale più o meno inerte che ne aumenta la sedimentabilità. Questo processo comprende quindi reattori a biomassa adesa che reattori a biomassa sospesa. Per mantenere in sospensione la biomassa, che altrimenti si depositerebbe sul fondo del reattore, si utilizzano tecniche diverse: nei reattori a biomassa sospesa, questa rimane in sospensione per l'effetto di trascinamento operato dalle bolle del biogas che produce, mentre nei reattori a biomassa adesa la fluidizzazione avviene tramite un potente riciclo. Un riciclo modesto può essere richiesto anche nel primo caso durante particolari situazioni caratterizzate da una bassa produzione di biogas (come per esempio all'avviamento del reattore) per sollevare il letto di fanghi che si forma ed evitare che si formino in esso zone ad elevata acidità.

Questi tipi di reattore sono caratterizzati da ottime prestazioni con brevi HRT ed elevati carichi organici, inoltre hanno buone prestazioni anche con reflui molto diluiti per i quali gli altri tipi di trattamento anaerobico sono poco indicati. Tra i principali limiti del processo ci sono la richiesta di reflui contenenti basse concentrazioni di solidi sospesi (che renderebbero difficile raggiungere alte concentrazioni di biomassa) e l'elevato consumo energetico necessario per mantenere il riciclo.

Anche nel caso di questi reattori si deve tener conto delle resistenze al trasferimento di massa del substrato sia di tipo interno che di tipo esterno. In entrambi i casi restano valide le considerazioni generali fatte durante la descrizione del processo a biomassa adesa, in questa sede saranno quindi indicate le relazioni specifiche riferite ad un CSTR, reattore al quale si rifà il funzionamento dei sistemi a letto espanso e fluidizzato.

 

 

Reattori anaerobici, alcuni esempi

Generalità

I reattori di processo impiegati nella digestione anaerobica sono di moltissimi tipi che si differenziano per forma, dimensioni, processo utilizzato, materiali ed accessori utilizzati. Non è possibile elencare tutti i tipi di reattori che sono stati o sono tuttora impiegati, ne i numerosi nuovi tipi che sono allo studio. Si farà solamente una breve panoramica sui principali modelli e caratteristiche, tralasciando di fare distinzione dei reattori in base agli accessori impiegati per il funzionamento ed ai materiali impiegati per la costruzione.

Una prima distinzione riguarda i reattori tradizionali da quelli di tipo avanzato. La differenza sostanziale consiste negli accorgimenti o dispositivi, di cui sono dotati i secondi, tali da ridurre al minimo la fuoriuscita della biomassa dal reattore in modo da avere una separazione tra HRT e SRT, risolvendo così due dei principali problemi della digestione anaerobica ovvero la ridotta velocità di crescita della biomassa ed il relativamente lungo tempo di digestione. La separazione dei tempi di ritenzione consente di usare tempi di ritenzione idraulica brevi, che risultano sufficienti alla digestione della sostanza organica solubile, così da poter impiegare reattori a volumetria ridotta rispetto al tradizionale; e nello stesso tempo trattenere le sostanze solide per periodi più lunghi in grado di garantirne la digestione in modo analogo a reattori tradizionali ben più capienti. L'introduzione dei reattori anaerobici avanzati ha dato una significativa svolta a questa metodica di depurazione, in quanto ha reso possibile estendere il trattamento anche a reflui ad alto carico e a basso contenuto di solidi e di biomassa. Quest'ultima nei reattori di tipo tradizionale fuoriesce prima di moltiplicarsi a sufficienza per garantire un'andamento ottimale del processo.

Un'altra distinzione può essere fatta in base alla modalità di crescita della biomassa: si hanno infatti reattori a biomassa sospesa e reattori a biomassa adesa. Nei primi la crescita della biomassa avviene in sospensione nella fase liquida, mentre nei secondi la crescita della biomassa avviene in film sottili, detti "biofilm", su del materiale posto all'interno del reattore stesso. Anche in questo caso il tempo di ritenzione della biomassa è decisamente superiore al tempo di ritenzione idraulico e quindi i reattori a biomassa adesa appartengono alla categoria dei reattori avanzati.

 

 

Reattori a biomassa sospesa

Septic tank

La nascita delle septic tank o fosse settiche risale alla fine del secolo scorso ed il loro uso fu quello del trattamento delle acque urbane. Il reattore, di concezione molto semplice, era costituito da un recipiente in cui il liquido entrava in contatto con la massa biologica dispersa nel liquido stesso. Sul fondo del recipiente si depositava uno spesso strato di fango che era inattivo a causa della difficoltà del substrato a diffondere nello stesso. L'effluente di queste fosse era però ancora molto inquinato a causa dei solidi sospesi non digeriti che conteneva. All'inizio del secolo William Travis e Imhoff apportarono delle modifiche alle fosse settiche atte ad eliminare i solidi sospesi dall'effluente. In questi tipi migliorati di septic tank i solidi venivano sedimentati da appositi dispositivi interni (sostanzialmente piani inclinati) e si depositavano sul fondo dove permanevano per tempi lunghi (qualche mese), sufficiente per la loro digestione. Successivamente sorsero fosse settiche in cui la fase di digestione e sedimentazione erano separate in recipienti diversi; in questo modo fu possibile apportare modifiche al reattore (come sistemi di riscaldamento) per esaltarne le prestazioni depurative.

Reattori miscelati

Nelle septic tank e nei reattori da essi derivati si creava una stratificazione del liquame: sul fondo i fanghi sedimentati, poi uno strato liquido ricco di solidi sospesi non sedimentati, il surnatante e spesso uno strato superiore di schiuma. Proprio per eliminare la schiuma, che riduceva la capacità effettiva del reattore, vennero impiegati attorno agli anni '50 dei dispositivi di agitazione meccanica. L'effetto complessivo non fu limitato alla scomparsa della schiuma ma vi fu anche un incremento nella velocità di digestione a causa del miglior contatto fra biomassa, che non sedimentava più in strati di fango, e substrato. Attualmente la miscelazione del reattore, oltre che con mezzi meccanici, può essere ottenuta con sistemi a ricircolo di biogas.

Reattori a contatto

Negli stessi anni '50 si comprese che il mantenimento all'interno del reattore di un notevole quantitativo di biomassa avrebbe permesso un aumento delle prestazioni. Fu studiato un metodo per aumentare il tempo di ritenzione dei fanghi rispetto al tempo di ritenzione idraulico (che si ricordi nei reattori miscelati sono uguali): la biomassa sospesa nell'effluente del reattore veniva separata da un sedimentatore e riciclata all'interno del reattore. La separazione dei tempi di ritenzione dei solidi da quello idraulico ha consentito di ridurre quest'ultimo ottenendo, a parità di prestazioni, reattori più compatti. Questi tipi di reattore sono chiamati "a contatto", la loro principale limitazione sta nella capacità di sedimentazione dei fanghi che può essere molto bassa per alcuni tipi di reflui ad alto carico.

Reattori a doppio stadio

Sostanzialmente questo tipo di reattore deriva dall'accoppiamento in serie di un reattore riscaldato e completamente miscelato e di un reattore non mescolato e a freddo che svolge anche il ruolo di sedimentatore (anche per eventuale riciclo fanghi) e spesso di gasometro, in quest'ultimo caso la copertura è di tipo flottante.

Reattori PLUG-FLOW

I reattori plug‑flow, detti anche reattori a "pistone", sono caratterizzati dalla mancanza di mescolamento (eccetto fenomeni di diffusione e rimescolamento dovuto alla produzione di biogas) e da un flusso del liquame del tipo "a pistone". In teoria questo tipo di reattore, comparso nel settore della depurazione anaerobica alla fine degli anni '70, consente rendimenti più elevati rispetto ai reattori completamente miscelati. Infatti si realizza naturalmente una separazione spaziale delle varie fasi del processo di digestione anaerobica che così formano dei microambienti aventi ciascuno le condizioni ottimali per il sottoprocesso che vi avviene.

Reattore UASB

Il reattore UASB (Upflow Anaerobic Sludge Bed) sono stati ideati negli anni '70 in Olanda da Lettinga e collaboratori, sviluppando il concetto di reattore in cui il substrato attraversa un letto di biomassa posto sul fondo. Questo tipo di reattore è alimentato dal fondo in modo che l'influente attraversi lo strato di fanghi che tende a sedimentare sul fondo. Affinché la biomassa permanga all'interno del reattore, questo è dotato nella parte superiore di un sistema di separazione solido/liquido. Il buon funzionamento di un impianto UASB è determinato dalla formazione di aggregati batterici, fiocchi o granuli, sufficientemente densi da rimanere all'interno del reattore nonostante il trascinamento causato dal flusso di liquido e di gas. Le condizioni ottimali consistono nella formazione di granuli con densità elevate (1030­-1050 Kg/m3) e che quindi sedimentino facilmente all'interno del reattore in maniera tale da formare un letto ad alta concentrazione di biomassa, separata dalla fase sovrastante, blanket, costituita da una fase liquida con una modesta concentrazione di solidi sospesi. Il principale problema di questo tipo di reattore è che non si conosce ancora l'esatto meccanismo di formazione dei granuli, i quali si formano e si mantengono con difficoltà, eccetto che usando particolari tipi di influente. Ne consegue che sono predisposti, in particolari condizioni (carichi idraulici elevati ed elevate produzioni di gas), alla perdita per "wash‑out" della biomassa se questa non è ben aggregata. In compenso questo tipo di reattore, particolarmente indicato per il trattamento di substrati solubili, in presenza di buona granulazione è in grado di operare con tempi di ritenzione idraulica estremamente ridotti con carichi organici volumetrici rilevanti (in laboratorio 10­-15 KgCOD.m-3.d-1 ed oltre).

Reattore ABR

Il reattore ABR (Anaerobic Baffles Reactor) è stato sviluppato all'inizio degli anni '80 da McCarty come conseguenza del fallito tentativo di sviluppare un reattore anaerobico a dischi rotanti: i dischi rotanti erano superflui al funzionamento del reattore e furono sostituiti da una serie di setti che dividono il reattore in più camere. Ogni singola camera può essere assimilata nel funzionamento ad un reattore UASB e ne ha di conseguenza tutti i vantaggi. Nel contempo però il reattore ABR ne riduce gli svantaggi in quanto le camere successive operano un efficace trattenimento della biomassa senza dover ricorrere a complicati sistemi di separazione solido/liquido anche in assenza di biomassa aggregata in granuli. I primi reattori di questo tipo erano caratterizzati da un grande numero di camere, oggi, in seguito a studi che hanno accertato la prevalenza del processo nelle prime camere, tali tipi di rettori sono dotati solamente di 3­5 camere più una eventuale camera di sedimentazione prima dell'uscita.

Reattori a biomassa adesa

Sono reattori in cui la biomassa cresce adesa a supporti inerti di vario tipo formando una pellicola sottile ma densa. Questo permette al reattore di trattenere efficacemente la biomassa che si forma nel suo interno anche in presenza di flussi notevoli di gas e di liquido. Inoltre sono dotati di una maggiore stabilità dovuta al formarsi nell'ambito del biofilm di un microambiente avente caratteristiche ottimali, di difficile perturbabilità, per i microorganismi. Tra i principali inconvenienti di questo tipo di reattori ricordiamo l'intasabilità, dovuto ad un abnorme sviluppo della biomassa che occlude gli spazi destinati alla circolazione del liquido e del gas, e la "canalizzazione", ovvero la formazione di canali di deflusso preferenziali per il liquame con l'esclusione quindi di una frazione della superficie di biofilm che rimane inattiva.

Filtri anaerobici

Questi reattori sono costituiti da un recipiente riempito di materiale di riempimento su cui si sviluppa il biofilm. A seconda della modalità di alimentazione distinguiamo due tipi di filtri anaerobici: a flusso ascendente (Upflow Anaerobic Filter, UAF) e, il meno diffuso, a flusso discendente (Downflow Anaerobic Filter, DAF). Il primo è caratterizzato dall'ingresso dell'influente dal basso e dalla fuoriuscita dell'effluente in alto, il secondo ha un funzionamento idraulico opposto. Un'altra distinzione tra filtri anaerobici può essere fatta a seconda del tipo di riempimento utilizzato: alla rinfusa o modulare. E ancora si possono fare classificazioni a seconda della natura, forma e caratteristiche del materiale di riempimento, un tempo costituito da pietrisco, oggi costituito da pacchi lamellari di materiale plastico o appositi corpi plastici da disporre alla rinfusa. I materiali plastici presentano una minore attitudine all'adesione rispetto al pietrisco, ma presentano superfici specifiche e indici del vuoto di gran lunga superiori. Questi tipi di reattori sono particolarmente indicati per reflui con elevato contenuto di sostanza organica solubile e sono particolarmente indicati per funzionare ad alto carico organico volumetrico (anche 20 KgCOD.m-3.d-1) con tempi di ritenzione che possono arrivare a solo qualche ora. I difetti di questi reattori sono quelli tipici dei reattori a film fisso, cioè l'intasamento e la canalizzazione che ne riducono l'efficenza. Al fine di ridurre questi inconvenienti molti impianti sono dotati di dispositivi che permettono la circolazione ad alti flussi in senso contrario a quello di alimentazione in modo da eliminare le ostruzione che la biomassa può formare. Tra gli aspetti negativi di questi tipi di reattore non si deve scordare il loro elevato costo dovuto al materiale di riempimento.

Reattori DSFF

Il reattore DSFF (Downflow Stationary Fixed Film) è un tipo di filtro anaerobico in cui il materiale di impaccamento forma dei canali verticali aventi luce interna di qualche centimetro di diametro (in modo da ridurre al minimo i rischi di intasamento), sulle cui pareti cresce adesa la biomassa. Il flusso del liquame è discendente (alimentazione dall'alto e uscita dal basso) ed anche questo contribuisce alla rimozione della biomassa in eccesso riducendo i rischi di intasamento. Per queste sue caratteristiche è un tipo di filtro particolarmente indicato nel trattamento di reflui aventi elevate concentrazioni di solidi sospesi. Per quanto riguarda le prestazioni, queste sono assimilabili a quelle dei filtri anaerobici.

Reattori a letto espanso e a letto fluidizzato

I reattori a letto espanso e a letto fluidizzato sono particolari tipi di reattori a biomassa adesa, in cui il materiale di supporto è costituito da fini particelle di materiale inerte (0.1­1 mm di diametro). Il materiale di supporto può essere costituito da sabbia, granuli di carbone, particelle di materiale plastico, zeoliti, sepiolite, etc.. Al fine di permettere la crescita del biofilm attorno alle particelle ed evitare la sedimentazione e l'impaccamento delle stesse è indispensabile un flusso idraulico sufficiente a mantenere le particelle del materiale in sospensione. La differenza fra letto espanso e letto fluidizzato sta nell'intensità di espansione del letto che per i letti espansi è pari a 1.2­-1.25 volte il volume del letto a riposo, mentre per i letti fluidizzati è maggiore di 1.3 volte il volume a riposo. Per mantenere un flusso idraulico è indispensabile un forte riciclo con conseguente rilevante dispendio energetico per il funzionamento delle pompe. In compenso questo tipo di reattori per la grande concentrazione di biomassa e la grande superficie esposta del biofilm consente di operare a carichi organici volumetrici rilevanti (anche fino a 100 KgCOD/(m3.d) in condizioni di laboratorio) con tempi di ritenzione idraulica di poche ore. Questi reattori sono idonei per il trattamento di reflui a basso e medio contenuto di solidi sospesi.

Reattori ibridi

I reattori ibridi sono il frutto della combinazione di due o più tipi di reattori, in particolare tra il reattore a biomassa sospesa UASB ed il reattore a biomassa adesa UAF. Il nuovo reattore viene chiamato UASF (Upflow Anaerobic Sludge Filter) oppure SBAF (Sludge Bed Anaerobic Filter), anche se molto spesso viene indicato come "reattore ibrido".

Questo tipo di reattore nacque in seguito alla scoperta di diversi ricercatori sull'effettiva attività della biomassa adesa e della biomassa sospesa nei filtri anaerobici. Infatti si è scoperto che la maggior parte dell'attività di digestione era operata dalla frazione sospesa della biomassa, localizzata negli spazi tra il riempimento, ma sopratutto nella parte basale del reattore, priva del riempimento stesso, destinata alla distribuzione dell'influente. Si pensò quindi alla riduzione del volume di impaccamento fino agli attuali 1/4‑1/2 del volume totale. In questo modo il reattore può essere identificato come uno UASB con la parte superiore dotata di impaccamento. In effetti il materiale di riempimento non contribuisce in maniera significativa alla attività di digestione contenendo quantitativi modesti di biomassa; l'azione del riempimento è piuttosto quella di separatore gas/liquido/solido in grado di separare i fiocchi di biomassa dalle bolle del gas consentendone il trattenimento all'interno del reattore.

Concludendo si può affermare che il reattore SBAF è un reattore di tipo UASB dove il sistema di separazione gas/liquido/solido è costituito da materiale di riempimento usualmente impiegato nei filtri anaerobici. Questo tipo di separatore consente un'efficace trattenimento della biomassa anche sottoforma di fiocchi, offrendo un vantaggio considerevole nei confronti sia del tradizionale UASB, in grado di trattenere con efficacia solamente la biomassa aggregata in granuli, sia del filtro, in quanto sono praticamente assenti i rischi di occlusioni, senza contare il notevole risparmio economico per la minore necessità di materiale di riempimento. Dal punto di vista delle prestazioni, queste sono assimilabili a quelle dei reattori UASB, salvo che tali performances vengono mantenute anche in assenza di biomassa granulare.

Simili applicazioni di materiali di riempimento sono state fatte anche su un'altro tipo di reattore, l'ABR. Al fine di migliorare la capacità di trattenimento nelle singole camere dei reattori ABR, la parte superiore delle camere stesse sono state dotate di un sottile strato di materiale di impaccamento, ottenendo in questo modo il reattore ABFR (Anaerobic Baffled Filter Reactor).

Recentemente sono in fase sperimentale alcuni tipi di reattori ibridi in cui il materiale di riempimento è costituito da materiale spugnoso in grado di offrire un buon supporto ai microorganismi. In questo caso anche la zona impaccata diviene attiva dal punto di vista della digestione. Un'applicazione di questo tipo di reattori è stato fatto a livello sperimentale per il trattamento combinato digestione anaerobica/denitrificazione in un impianto di trattamento misto anaerobico/aerobico. In questo caso il riempimento posto nella parte alta del reattore offre supporto ai batteri denitrificanti che trattano il refluo proveniente dall'impianto aerobico il quale viene introdotto nel reattore subito al di sotto dell'impaccamento.

Reattori a due fasi

Nei reattori a due fasi, viene separato il processo di idrolisi/acidificazione dal processo di metanogenesi in modo che si possano mantenere per ciascun processo le condizioni ottimali. In questo modo vengono aumentate notevolmente le velocità di trattamento. Tecnicamente si hanno due reattori distinti posti in serie, il primo di acidificazione ed il secondo di metanogenesi, che riceve l'effluente del primo. Il primo reattore ha in genere dimensioni minori, per la maggiore velocità del processo rispetto a quello di metanogenesi, lavora a temperature più basse (20­-25°C) e a pH inferiori (la fase "acida" del processo anaerobico ha un pH ottimale subacido) rispetto al reattore destinato alla metanogenesi, che lavora a pH neutro e alla temperatura di 35­-38°C (mesofilia).

Anche il reattore ABR ed i reattori a plug‑flow possono essere considerati reattori a fasi separate, in quanto esiste una separazione spaziale tra le fasi di acidogenesi e metanogenesi, anche se questa separazione non è così rigorosa come nei reattori a due fasi.